Milano è una città particolare, di fascino. Esercita un'influenza ammaliatrice che può far perdere il giudizio e far schiavo l'uomo. È come le donne nei film in bianco e nero, di sigarette ed ombre. Perché la sua bellezza non è ovunque, è in qualche luogo che ti si mostra dietro un angolo, dal parapetto di una casa di ringhiera, da un cavalcavia, nel giardino di un palazzo che intravedi di sfuggita da un portone appena socchiuso. Si apre, il fascino, da uno sguardo che si alza dal basolato verso una piazza con fontana, da un fioraio appoggiato -così pare- sul sagrato di una chiesa, che se non fosse per i fiori non si noterebbe nemmeno, dalle cariatidi che sostengono palazzi immensi, dal riflesso di un terrazzo con giardino pensile nell'acqua di un canale.
La nebbia, questo volevo dire, avvolge tutto come in Ombre e nebbia di Woody Allen, un film che nasconde storie di altri film e libri e musiche. Un film di nebbia che è la resa artistica della nebbia stessa.
Le forme, le geometrie e le prospettive di Milano esistono ma non le vedi e le puoi immaginare così come sono o così come potrebbero essere. Ecco, la nebbia di questi giorni è un sogno che testimonia quanto la bellezza stia negli occhi di chi guarda e Milano è un incubo che ti sveglia, e così ti salva, quando credi che tutto sia perduto.
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