martedì 26 giugno 2012

Sentire, ascoltare /44


La città. Uomini in via di estinzione. 

Oltre l'ombra di una corte meneghina, oltre la soglia di un palazzo di ringhiera, oltre il click dell'uscio appena chiuso di un portone del primo Novecento, un anziano gobbo di città camminava lentamente, poco fa, lungo il marciapiede assolato. 

Era talmente gobbo da avere il capo inclinato verso il basso e lo sguardo costretto a un raggio di visuale poco più ampio di un passo; di tanto in tanto sforzava le pupille all'insù, sino al possibile delle orbite oculari, per non urtare passanti e non colpire pali della segnaletica. 
Una giacca di piquet calzava a ciondoloni sulle ossa del vecchio e gli spacchi posteriori formavano due coni di tessuto come fossero tubi di scappamento di una macchina da corsa. 


Il gobbo -ne sono convinto- conosce ogni piccola macchia delle strade di quel quartiere di Milano. Distingue i segni dei cavalletti dei motorini dai buchi impressi, d'estate, quando il cemento si squaglia, dai tacchi a spillo di donne giunoniche; sa dove il gatto ha lasciato lo zampino e dove l'operaio ha voluto firmare il suo operato; riconosce l'impronta di un portaombrelli che per molto tempo ha stazionato lungo il muretto di un bar e sa in qual punto preciso, sui terrazzi metropolitani, i piccioni amano soggiornare al mattino.

Sa che il calzolaio fuma sigarette light, e che il fioraio svuota l'acqua sporca dei vasi qualche metro a destra del suo negozietto; può dire quanti ubriachi, la notte, hanno litigato con la propria anima, se c'è stato un furto d'auto e se il tombino è stato pulito di recente. 
Quel vecchio gobbo -ne sono convinto- conosce la terra che calpestiamo. 

Mi chiedo se tutti quei libri che ha letto, per decenni, chino sui banchi di biblioteche rionali che non ci sono più, siano per lui benedizione o maledizione; se soffra per la gobba -ultima testimonianza di un mondo culturale antico- o se ritenga sia il giusto prezzo da pagare per aver voluto sapere tanto.


lunedì 11 giugno 2012

Sentire, ascoltare /43

Tre cartoni di vino rosso e non più di cinque latte di birra al giorno. Poche sigarette, una fotografia e un mazzo di carte. 
Il sole dei morenti non tramonta all'orizzonte di Milano; pulsa fioco nel fondo di un trolley o nella tasca di un piumino sgualcito, si impiglia alla barba arruffata di un volto sporco, tra le ciglia di uno sguardo perso. 

Parole confuse, preghiere, ricordi, amore. 
Lei ha continuato a vivere, ha trovato un altro uomo. Forse è già madre. Ride, piange, gioca, pensa all'estate. Lui l'ha vista camminare spedita, una volta, in stazione Garibaldi. Aveva un tailleur grigio e la coda di cavallo. 
Voleva fermarla e abbracciarla. Non ne ha avuto il coraggio ed è rimasto in terra, sul rivestimento di gomma del pavimento della metropolitana. 

Sono passati più di due anni da quando Nico ha abbandonato tutto. Ora ha due amici: Maria e Pelé. Passano le giornate in via Farini, nell'Open Shop al civico quarantadue. Giocano a carte, in piedi, a un tavolino di quella specie di bar, pieno di distributori e macchinette. A vivere una specie di vita.