mercoledì 8 gennaio 2014

Sentire, ascoltare /117

A tarda sera, quando scesi dal treno in una piccola stazione della Brianza, ebbi come l'impressione che il paese fosse disabitato: ovunque cercassi anima viva, le strade e i palazzi velavano la vista con uno strano effetto ottico. Ogni cosa vibrava come quando d'estate il cemento fuma e l'aria si muove a pinnacoli. Poi, attraversato il piazzale antistante la stazione e avvicinatomi al bordo delle case, mi accorsi che non si trattava di un'illusione ottica naturale e che quel movimento mendace non era un trucco di fata Morgana; bensì l'incedere degli abitanti che non so dirvi come e perché, in quel paese, assorbivano i colori dello sfondo urbano e muovendosi, a raso muro, scioglievano la realtà delle cose in un inverosimile panorama di periferia.

Mi avvicinai ad una vetrina e pregando che specchiasse la mia immagine, seppur leggera e trasparente, potei solo osservare il fondale mosso: una finestra, un'inferriata, un pezzo di muro, un angolo di tettoia, un palo.