Metropolitana. Geometrie.
Sulla battigia dei ricordi,
io ti penso e tu mi scordi.
Le mie impronte cancellate
da un colpo di spuma;
le tue, appena impresse,
fresche, sul bagnasciuga.
La battigia oppure la banchina metropolitana. Luoghi indefiniti o ambigui o labili. Terra e mare, movimento e fissità. Geometrie, dello spazio e della mente, che invitano all'esercizio dell'astrazione.
Le porte del metrò si aprono, o l'onda si ritira, e ci si trova faccia a faccia con un viandante o con un bagnante.
Per un attimo si abita lo stesso spazio. Per l'attimo dopo si è già in due mondi diversi. Chi la terra, chi il mare, chi il movimento, chi l'immobilità.
Resta, di quella geometria, un senso di indefinito, di opaco, di confuso.
A far questi pensieri mi è tornato in mente un poeta italiano, a mio avviso tra i più raffinati del nostro panorama letterario. Valerio Magrelli.
Qui una sua poesia.
Sto rifacendo la punta al pensiero,
come se il filo fosse logoro
e il segno divenuto opaco.
Gli occhi si consumano come matite
e la sera disegnano sul cervello
figure appena sgrossate e confuse.
Le immagini oscillano e il tratto si fa incerto.
Gli oggetti si nascondono:
è come se parlassero per enigmi continui
ed ogni sguardo obbligasse
la mente a tradurre.
La miopia si fa quindi poesia,
dovendosi avvicinare al mondo
per separarlo dalla luce.
Anche il tempo subisce questo rallentamento:
i gesti si perdono, i saluti non vengono colti.
L'unica cosa che si profila nitida
è la prodigiosa difficoltà della visione.
Valerio Magrelli |
Per chi non lo conoscesse consiglio la lettura di “Esercizi di tiptologia” e “Disturbi del sistema binario”.
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