sabato 11 luglio 2020

Il più grande uomo scimmia del Pleistocene

L'ultimo libro che ho letto è «Il più grande uomo scimmia del Pleistocene» di Roy Lewis.
Un romanzo.
Un romanzo comico. 
Un romanzo comico di fantascienza.
Un romanzo comico di fantascienza (a ritroso).
Un romanzo comico di fantascienza (a ritroso) inglese.
Tale definizione accomuna la prosa di Roy Lewis (parentesi a parte) a quella di almeno altri tre scrittori di culto. 
Terry Pratchett e Neil Gaiman - «Buona Apocalisse a tutti!» (1990) - e Douglas Adams - «Guida galattica per gli autostoppisti» (quasi 1980). Roy Lewis arriva prima: pubblica nel 1960 e quest'anno fa cifra tonda.
[La mia fanta conoscenza comica mi pare finisca qui: chi altro va annoverato in questo felice consesso di scrittori? Graditi consigli di lettura]  
Roy Lewis racconta, per voce di un giovane uomo scimmia, la storia di una famiglia che vive nel Pleistocene, guidata da un capo branco - Edward, inventore e scopritore, protagonista del libro - tutto dedito a far progredire la propria orda.
Una ricognizione a volo d'uccello sulla storia dell'umanità (e non siamo poi cambiati molto nel corso dei millenni).
«C'è da masticare un sacco di roba». Disse la mamma. «Se non lo finiamo subito, questo elefante diventerà assolutamente immangiabile». «Non hai torto, cara» ammise papà, prendendo un costolone. «Anzi, forse hai centrato il cuore del problema. Ci sto pensando da un po'. Grosso modo, ho calcolato che noi passiamo un terzo del nostro tempo a dormire, un terzo a procurarci la carne e tutto il terzo rimanente a masticarla. Eppure il tempo che dedichiamo ai pasti sembra non bastare mai. I miei bruciori di stomaco si sono aggravati. Ciò non fa che confermare il mio ragionamento. Se la routine quotidiana ci impegna tanto, come facciamo a pensare? Anche per quello ci vuole tempo, e non serve obiettare che masticando si rimugina; non è affatto vero, o comunque non è vero quando si deve masticare come facciamo noi. Per allargare la mente e contemplare con più calma e distacco i nostri obiettivi, abbiamo bisogno di dare requie al lavorìo delle mandibole. Senza un certo agio e una certa tranquillità non può esserci lavoro creativo, né cultura, né civiltà». «Che cos'è la cultura, papà?».



mercoledì 8 luglio 2020

Auto da fé

L'ultimo libro che ho letto è «Auto da fé» di Elias Canetti.
Il suo unico romanzo. Pubblicato nel 1935, scoperto negli anni Sessanta, amato a partire dal decennio successivo, riscoperto alla morte dell'autore (1994).
[Ha la potenza di un classico e assieme a «Massa e potere», saggio in parte complementare ad «Auto da fé», scritto nell'arco di una vita intera, è valso all'autore il premio nobel per la letteratura].
Parte prima: una testa senza mondo.
Parte seconda: un mondo senza testa.
Parte terza: il mondo nella testa.
(Non c'è una quarta parte che si intitoli: una testa nel mondo. Non è ammessa).
Il romanzo narra la storia di un certo Peter Kien: quarantenne, sinologo di fama mondiale, spigoloso e intransigente, tutto dedito ai suoi studi, asserragliato nella biblioteca di casa, cinto da mura di libri con cui non disdegna conversare. 
Fino a quando, in un modo che muove il riso pur senza rallegrare, il protagonista (una testa senza mondo) è costretto a uscire di casa (un mondo senza testa) e a fare i conti con se stesso (il mondo nella testa).
Ne succedono di belle, di tragiche, di feroci e si profila una vita deserta dall'amore, nata da un amore profondo che quel deserto voleva denunciare (semicito Claudio Magris). 
Il mondo descritto è ancora il nostro e vale la pena metterci la testa. 
«Da quando era stato cacciato di casa Kien era sovraccarico di lavoro. Per tutta la giornata percorreva la città con passo tranquillo e tenace. Ai primi albori era già ritto sulle lunghe gambe. A mezzogiorno non si concedeva né cibo né riposo. Per economizzare le proprie forze aveva suddiviso il campo della sua attività in settori ai quali s'atteneva scrupolosamente. Nella borsa portava un'enorme pianta della città, scala 1:5000, sulla quale le librerie erano indicate con gradevoli cerchietti rossi».