martedì 27 ottobre 2015

Viavai

«Le piazze di Milano non hanno nulla di apprestato: sono incontri casuali di vie nelle quali il vento della fantasia si raccoglie e gioca, perché in questa città tranquilla e felice altro vento non tira, se non quello di una fantasia sottile e pacata» - Alberto Savinio,“Ascolta il tuo cuore, città”, 1943. Fosse questo il sol vento di Milano, non ci saremmo intabarrati tanto da non lasciar fessura, per lungo tempo, neppure ai refoli più salubri. Ma la fantasia non se n'è andata. Si è nascosta nei sotterranei della città, prima che i tanti scavi e gli ultimi cantieri non la stanassero. Sentila. Che soffio, che giri, che altezze. Ora che quasi ogni cosa è costruita, evidente, aperta al pubblico sguardo, ora che la fantasia sibila e girovaga ancora, è l'immaginazione a spirare: qui cos'altro sarebbe potuto sorgere? Quali viavai, quali storie, quali professioni dovrebbero darsi all'incrocio di questi venti? Ad una città edificata ne corrispondono, nei medesimi spazi, infinite altre da costruire - architetture invisibili, strade trasparenti, piazze di luce - nel nome di una vitale e quanto mai ambrosiana cultura del progetto. Proprio ad essa è dedicata una recentissima mostra online - Milano città immaginata - imperniata su dieci progetti urbani mai realizzati, ma fortemente immaginati da architetti del secolo scorso e alternativi a quelli poi inverati. Progetti così solidi e leggeri da farsi davvero desiderabili, così possibili da insegnare a chi li osserva - carte colorate, videate pop, segni tecnici e illustrazioni - il piacere dell'invenzione, delle narrazioni percorribili, del sogno. Dovremmo re-imparare a difendere non solo il corpo degli uomini e delle donne ma anche l'anatomia delle città - oltre Palmira, oltre Pompei: l'archeologia nasce di continuo, qui e ora. Infondo è un gioco d'alchimia urbana quello che lega le passioni e il destino dei cittadini alla storia delle metropoli. C'è davvero qualcosa di magico che stringe la città all'uomo: come Dorian Gray cede la propria vecchiaia al suo ritratto, così la città ringiovanisce a scapito dei suoi abitanti - si guardino le foto scattate anni or sono e si confrontino i luoghi immortalati allora con la loro odierna immagine; e così faremo tra cinque, dieci, cinquant'anni. Sulla pelle della città scintillano la luce di chi ci ha preceduto e un piccolo riverbero della nostra esistenza. Sei mesi sono passati in quell'angolo di periferia milanese, che è già centro di altri mondi, e tutto ancora deve accadere. Che soffi il vento, che sia dolce e sottile.


L'immagine è una elaborazione grafica di Luca D'Urbino, tratta dal progetto “Piazza Del Duomo” per la mostra “Milano città immaginata”.

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giovedì 8 ottobre 2015

Cinema Milano

“Cattedrali della cultura” è un film ideato e prodotto da Wim Wenders e realizzato da sei registi - Michael Glawogger, Michael Madsen, Robert Redford, Margreth Olin, Karim Ainouz e poi Wim Wenders. Una pellicola potente, proiettata nelle sale italiane per un sol giorno, ad aprile. I cineasti hanno raccontato ciascuno un edificio: la Biblioteca Nazionale Russa, il Carcere di Halden in Norvegia, il Salk Institute in California, il Palazzo dell'Opera di Oslo, il Centre Pompidou di Parigi e la Filarmonica di Berlino. Sei intensi cortometraggi per definire una luminosa cartografia culturale contemporanea.
Trentadue anni fa un progetto cinematografico simile, “Capitali culturali dell'Europa”, fu affidato alle lucide visioni di altri affermati registi. Manoel de Oliveira per Lisbona, Theo Anghelopoulos per Atene, Kryzstof Zanussi per Varsavia ed Ermanno Olmi per Milano; il suo “Milano '83” è un documentario serrato - circa 23 inquadrature al minuto, ben 1.500 totali: film di folla e di volti, di professioni e di frenesia, di corse, di mezzi di trasporto, di luci: una Milano non più aderente alla sua odierna figura, seppur ancor impigliata al repertorio cittadino di immagini in/consce, ancor stretta a ricorrenti motivi urbani. 
Tre anni prima usciva “Panni Sporchi” di Giuseppe Bertolucci, splendido docufilm girato per intero alla Stazione Centrale; tre anni dopo, in una Milano piena di cinema - comprese 20 sale a luci rosse - Carlo Vanzina realizzava “Via Montenapoleone” e Tiziano Sclavi metteva al mondo Dylan Dog; al fumettista e alla “sua” inquieta città - balene che nuotano in cielo - Giancarlo Soldi ha dedicato “Nessuno siamo perfetti”, intenso documentario proposto a giugno, in anteprima, allo Spazio Oberdan.


Ermanno Olmi, inviso alla classe dirigente meneghina del PSI proprio per “Milano '83” - e ben accolto a Roma, con la prima al Colosseo -, è oggi celebrato con i lavori di restauro di un'altra pellicola, “Galleria, cuore e memoria di Milano”, girata nel 1967 in occasione del centenario della nascita del “Salotto di Milano”, con la sceneggiatura di Dino Buzzati e alcuni inserti animati di Bruno Bozzetto. 
Poco oltre la Galleria Vittorio Emanuele II Olmi immagina la prima sequenza di “Milano '83”: le luminarie de La Scala si accendono, il foyer si affolla, le corde di un'arpa vibrano, la stampa scatta foto e registra voci, gli spettatori siedono, l'orchestra suona Verdi, la musica avvolge la notte operaia della città. E giunge a noi, verrebbe da dire. Il Teatro, infatti, nell'anno dell'Esposizione Universale è omaggiato da due nuovi film: “Teatro alla Scala - Il Tempio delle Meraviglie” di Luca Lucini e Silvia Corbetta, proiettato per la prima volta proprio nella sala del Piermarini, e “Milano 2015”, presentato alla settantaduesima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia e in qualche modo riconoscente - già dal titolo - al lavoro di Olmi. Anche “Milano 2015” è un racconto collettivo, firmato e diretto da Elio, Walter Veltroni, Roberto Bolle - suo il bel corto su La Scala - Giorgio Diritti, Silvio Soldini e Cristiana Capotondi; il più emozionante è del romano Walter Veltroni, che disseppellisce la storia del velodromo Vigorelli, la pista “magica” del ciclismo mondiale; magica come la definizione, tecnica e sognante, di cinematografo, “una sorta di lanterna magica perfezionata, mediante la quale vengono sopra una tela riflesse figure in movimento” - dizionario etimologico di Pianigiani, Albrighi, Segati & C, 1907.
Ecco dunque la Milano che si specchia - un po' vanità, un po' necessità -, la Milano che proietta su grande schermo le proprie identità, la Milano che tra i poli delle sue eccellenze filmiche (archivi, restauri, sperimentazione: il Museo Interattivo del Cinema, lo spazio Oberdan, il Museo del Manifesto cinematografico in via Gluck, il palazzo Dugnani, il Milano film Festival - sua l'anteprima de “La ragazza Carla” di Alberto Saibene, tratto dall'omonimo poema meneghino di Elio Pagliarani), fa eco ai rinnovati dibattiti sulle trasformazioni metropolitane. 
Nel cuore del suo quartiere da ribalta, tra i grattacieli di Piazza Gae Aulenti, spunta così “Panorama”, un ottagono in legno firmato da Davide Rampello al cui interno, in una sala senza sedute, con 16 videoproiezioni sincronizzate e a 360°, scorre un filmato di 15 minuti sull'Italia: 200 luoghi della penisola per illuminare un'altra cartografia culturale; paesaggi, città, interni.

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