venerdì 29 novembre 2019

Essere Milano

Appena ieri constatavo che ho da poco superato la soglia statistica che fa di me, almeno nelle scienze sociali, un adulto (dai 35 in su); e oggi, rosea coincidenza, ho per la prima volta in mano un libricino, a cura di Giuliana Chiaretti - a cui ho contribuito con due brevi saggi e moltissime conversazioni -, che ha per oggetto Milano e i "suoi" giovani uomini e donne.

Felicissimo che sia pubblicato dalla casa editrice dell'Enciclopedia delle donne e onorato di aver lavorato accanto a Laura Balbo, Giuliana Chiaretti, Valentina Mutti e Rossana Di Fazio, Liliana Padovani. Il libro lo trovate qui.


venerdì 23 agosto 2019

Il testamento digitale

Il testamento digitale (sulle note del Testamento di Faber).


Quando la morte mi chiamerà
ogni profilo attivo sarà
lascerò password e nome utente
identità e miei avatar

alla mia donna oppure a un parente
perché spartiscan l'eredità.

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A quanti posano e scattano selfie
lascio la storia del mito Narciso
vanesi amanti del proprio viso
seppur brutti ceffi con baffi a ciuffi

il fiume annega chi si ama solo
la vana vita sarà il vostro dolo
il fiume annega chi si ama solo
la vana vita sarà il vostro dolo.

**

Voglio lasciare ai tipi di Google
che prendono all'amo ogni ricerca
e fanno di noi un branco di perca
milioni di dati privati e di Doodle

con tanti auguri per chi c'è caduto
i dati son falsi e niente è dovuto
con tanti auguri per chi c'è caduto
i dati son falsi e niente è dovuto.

**

Sorella morte lasciami il tempo
di terminare il mio testamento
lasciami il tempo di hackerare
di condividere, di ritwittare

tutti gli orrori del due punto zero
attorno al laptop di un uomo vero.

**

Signor spazzino mi ascolti un poco
lei che raccoglie rifiuti elettrici,
cavi e tastiere per fare un bel fuoco
pollici, pixel, monitor cubici

a lei consegno una memory d'oro
perché nei scarti trovi un tesoro
a lei consegno una memory d'oro
perché nei scarti nasca un tesoro.

**

Per quella macchina tanto complessa
di cui Mark Zu. possiede il brevetto
per estirparmi l'insana promessa
di dargli privacy senza aver letto

non vedo l'ora di andar fra i dannati
per dare algoritmi tutti sbagliati
non vedo l'ora di andar fra i dannati
per dare algoritmi tutti sbagliati.

**

Quando la morte mi chiederà
di restituirle la libertà
forse una lacrima forse una sola
sul mio hard disk si spenderà

forse un sorriso forse uno solo
dai miei profili germoglierà.

**

Se la tastiera mia già corrosa
dove il mio dito ha battuto un tempo
dovesse scrivere un giorno una cosa
sia per la donna vera che ho accanto

per ogni palpito del suo cuore
non è digitale il mio vero amore
per ogni palpito del suo cuore
non è digitale il mio vero amore.

**

A te che fosti la più contesa
la rete libera che si dà a tutti
ed ora che bufale t'hanno presa
offri menzogne ai belli ed ai brutti

lascio le note di questa canzone
canto il dolore della tua illusione
a te che per business continui in avanti
costretta a vendere Cristo e i santi.

**

Quando la morte mi chiamerà
nessuno al mondo si accorgerà

che un uomo è morto senza parlare
senza sapere la verità
che un uomo è morto senza pregare
fuggendo il peso della pietà.

**

Cari contatti dei social network
pigiammo I like ad ogni commento
postammo un piatto fatto col Wok
leggemmo i tweet per noia del tempo

questo ricordo non vi consoli
or che si scrive siam già da soli
questo ricordo non vi consoli
da vivi o morti siam già da soli.


lunedì 19 agosto 2019

Cabaret

In un cabaret di Milano un comico, seduto a un tavolino della platea, si alza e sale sul palco. È il suo turno.

«Buonasera, buonasera a tutti; vi chiedo subito scusa, ma tocca aprire una parentesi e fare una piccola premessa... Poco fa, al mio tavolino, forse qualcheduno m'ha pur visto, ecco, prima, in attesa di salir sul palco, ero mooolto agitato; agitato che le ginocchia eran due martelli pneumatici, due pedali di batteria, due grattugie con il grana; e allora ho pensato bene di berci su due bicchieri, per sciogliere la lingua: tequila-sale-limone: pam pam; ecco: ora sono bevuto e agitato... Prima ero solo agitato, e allora ho bevuto e ho pensato a un incipit: ora sono bevuto, agitato e ho finito l'incipit... L'incipit era questo... Prima ero agitato, ma siccome ho anche bevuto, come oramai sapete, mi ero anche ringalluzzito: e così com'ero, agitato e bevuto, ho pensato che dopo l'incipit avreste riso e che poi sarebbe andato tutto in discesa... Ma leggo nei vostri volti corrucciati una pietosa perplessità... E se prima ero solo agitato, ora sono agitato, bevuto, con l'incipit alle spalle e voi perplessi di fronte... Io non so come ci sia finito in questa triste situazione; ma siccome ero agitato, mi sono inventato, invero, tra me e me, qualcosa da dire in più, che non stavo mica ad ascoltare il comico prima di me (per la troppo agitazione, s'intende). Ecco, dicevo, nel mentre che bevevo agitato, e a poco a poco diventavo, quindi, bevuto (strano che bevendo si finisca per essere bevuti), congetturai che dopo l'incipit e gli applausi avrei menato il can per l'aia ancora un po': come del resto sto facendo: e però, man mano che andavo avanti nel pensare come sfangarla, le cose da dire che avevo in testa s'ingarbugliavano e si facevano imprecise - forse perché avevo bevuto: cioè perché ero agitato -; e ora che sono agitato, bevuto, con l'incipit alle spalle e voi perplessi di fronte, mi trovo in quel momento che, quando ero solo agitato, immaginavo si sarebbe presentato a questo preciso punto del monologo, punto in cui quanto andrò a dire è sempre meno pensato quando ero agitato, e sempre più improvvisato ora che sono agitato, bevuto, con l'incipit alle spalle e davanti la vostra perplessità. Ed eccoci qui: improvvisazione pura, testo O-RI-GI-NA-LE: mai scritto, mai pensato, mai detto prima. [Guarda l'orologio]. Il mio tempo è finito: grazie, grazie. Grazie di cuore».

sabato 17 agosto 2019

L'isola di Luka

Non sta certo a me convincere chicchessia della veridicità di quanto sto per raccontare, ciascuno è libero di credere a ciò che vuole; ma se da quel tuffo sono riemerso con i capelli bianchi, invecchiato d'improvviso, e FaceApp non c'entra, è perché qualcosa di incredibile è davvero accaduto.

Eravamo a Luka, un paesino abbarbicato su bassi declivi, torno torno ad una insenatura da cui s'adocchiano piccole isole molto verdi e carsiche, simili a coccodrilli a pelo d'acqua.

Anche Luka appartiene a un'isola, che pure, immagino, deve sembrare qualcos'altro a chi l'avvista dalle vicine sponde dell'arcipelago.

Ad ogni modo una mattina presto io e Silvia imboccammo di buona lena un sentiero che da Luka s'inerpica verso il centro dell'isola, per poi ridiscendere alle coste, biforcandosi in piste via via più striminzite e incerte, in mulattiere di volta in volta sgombre o confuse dalla vegetazione vergine, e mai, di certo, rintracciabili su Google Maps e affini.

Così sono i sentieri di montagna e d'altri luoghi ameni; e però a farci procedere verso il mare non fu la nostra intraprendenza, ma quella che credo fosse una volontà dell'isola.

Intimoriti dal battito d'ali di mille farfalle a mezz'aria, esitanti innanzi a certe tele di ragni o atterriti al passaggio di plotoni di formiche nere, cercavamo il coraggio di andare oltre (le nostre paure), di proseguire l'escursione; e quando finalmente eravamo pronti a osare, la natura s'era inasprita tanto più da indurci ad abbandonare l'impresa, a tornare indietro, sì, ma dove, se il sentiero appena percorso se l'era già inghiottito il sottobosco spinoso? Verso una nuova via, che non era lì un attimo fa e che ora si offriva a noi seducente, così invitante che, infine, al mare giungemmo.

C'era una spiaggia di ciottoli bianchi, il mare era striato da acque turchesi e scalfito da brezze smeraldine, i lucci guizzavano luminescenti come mai visto in vita mia e Silvia era già dove non si tocca; quand'ecco librarsi in aria un enorme pesce tondeggiante, grigioverde squamato, con lunghi barbigli e labbra tanto spesse da assomigliare a quei mostri marini dipinti in alcuni mirabili quadri marinareschi del Giappone.

Il pesce si prese Silvia, se la portò negli abissi e quel tuffo di cui accennavo, discrimine della mia vita, seguì d'un baleno la loro immersione.

Scesi fino a farmi scoppiare i timpani, fino a riempire i polmoni d'acqua, fino a spelarmi la pelle, fino a toccare il fondale. Ero vivo, ero più vivo che mai, e vissi tutte le storie del mare, e conobbi tutte le gioie del buio, sentii tutte le angosce del profondo e piansi tutte le gocce dell'immensità, gioii d'ogni granello di sabbia e fui acqua anch'io, e fui sale, e fui roccia, e fui pesce.

La ritrovai distesa sull'arenile, accanto a me, Silvia, quasi irriconoscibile, sbattuti lì da quello che i giornali definirono il più grande fortunale dell'isola di Luka.