mercoledì 21 novembre 2012

Sentire, ascoltare /72

Sul piano della scrivania, con la fronte appoggiata all’avambraccio e gli occhi liberi di ruotare nello spazio basso della stanza, un impiegato esausto -ufficio al decimo piano di un palazzo in ferro e vetro, una sola luce accesa, e vuoto cosmico- seguiva i cavi del pc. Annodati a mezz’aria, i fili si scioglievano in varie direzioni: alcuni lungo lo zoccoletto, altri tra i cassettoni degli hardware, altri ancora verso le prese elettriche avvitate al piano inferiore del tavolo. 

Fronte alta, arrossata dalla pressione d’appoggio, l’impiegato sembrava scoprire che ogni cosa avesse forma cilindrica e arrotondata: il filo delle cuffie, i punti metallici delle pinzatrici, le graffette, le cannucce con inchiostro e le bic che le contengono, i tubi del riscaldamento, le sbarre alle finestre, le lampadine a basso impatto ambientale, le gambe del tavolo e ogni cosa. 

Preso allo gola da un senso di soffocamento, la cravatta allentata, il volto paonazzo e le mascelle ben serrate, l’impiegato sradicava ogni cosa potesse ricordargli la forma dei cavi. Molte furono scaraventate dalla finestra. 

Eliminati gli oggetti cilindrici, l’impiegato, ansimante, in piedi con una mano appoggiata al muro, dopo una breve panoramica visiva, si accorse, attratto dal boccione azzurro dell’acqua, che quanto rimasto aveva forma circolare.

Con rinnovato ardore si scagliò contro tutto quanto di vagamente ellissoidale fosse a portata di mano: le abat-jour, le bottigliette d’acqua, il cestino d’ufficio con le listarelle in plastica, i tappi delle biro, le Saila menta, gli occhiali, le lattine, il portamatite, il centrino della cassettiera, la pallina antistress ed ogni cosa. 

A tal punto, soddisfatto per un istante, la foga anziché abbandonarlo rafforzò la sua ira contro gli oggetti quadrati e rettangolari: monitor, telefoni, cassettiere, cartellette, scatoloni, armadi, scrivanie, fotocopiatrice, risme, tastiere, borse a tracollo. Ogni cosa. 

La stanza d'ufficio al decimo piano del palazzo in ferro e vetro non esisteva più. Ora calmo, con il fiatone, lungo il perimetro di un locale che non colse essere quadrato, appoggiò i gomiti al piano della finestra, per guardare fuori. La porzione di mondo che si poteva scorgere da quella altezza era sola geometria; ogni cosa era geometria; e l'impiegato nulla avrebbe potuto contro tale stato di cose.

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