venerdì 19 giugno 2020

GERMINALE

L'ultimo libro che ho letto è «Germinale» di Émile Zola.

Seconda rivoluzione industriale: nord della Francia: una miniera: la classe operaia: il sabotaggio dei macchinari: il collasso del pozzo: e poi, un cavallo.

Un cavallo allegoria, che però è anche solo un cavallo. 
Un cavallo di nome Battaglia. 
Un cavallo del sottosuolo, vissuto in miniera, al buio. 
Un cavallo che ti entra nella testa e non ne esce più.

«Era Bataille. Partito dalla sala d'imbocco aveva galoppato disperatamente lungo le gallerie buie. Sembrava conoscere alla perfezione la strada in quella città sotterranea dove abitava da undici anni e, in quella notte profonda in cui aveva vissuto, gli occhi vedevano chiaramente. Galoppava piegando la testa, raccogliendo le zampe e correndo in quei budelli che il suo grande corpo riempiva interamente. Le strade si succedevano e si aprivano crocevia, ma lui non esitava. Dove andava? Là forse, verso la visione della sua giovinezza, al mulino in cui era nato, sulle rive delle Scarpe, verso il ricordo confuso del sole che bruciava in cielo come una lampada enorme. Voleva vivere, la sua memoria di bestia si risvegliava, la voglia di respirare l'aria delle pianure lo spingeva dritto davanti a sé fin quando avesse scoperto il buco, l'uscita sotto il cielo caldo, nella luce. La rivolta aveva avuto la meglio sulla sua antica rassegnazione. E dopo averlo accecato, quel pozzo lo stava ammazzando. L'acqua che lo inseguiva gli sferzava le cosce e mordeva la groppa. Ma più affondava più le gallerie diventavano strette, le volte basse e le pareti vicine. Galoppava lo stesso scorticandosi, lasciando sui rivestimenti brandelli di carne. La miniera sembrava stringersi su di lui per prenderlo e soffocarlo. Mentre il cavallo si avvicinava, Étienne e Catherine lo videro restare intrappolato tra le rocce. Era inciampato, si era rotto le zampe anteriori. E con un ultimo sforzo si era trascinato qualche metro avanti, ma i suoi fianchi non passavano e restò avvolto, incatenato dal terreno. Nell'allungare la testa sanguinante con i grandi occhi appannati cercava ancora un varco. L'acqua lo coprì rapidamente, cominciò a nitrire con lo stesso rantolo prolungato atroce, degli altri cavalli morti nella stalla. E l'agonia di quella vecchia bestia, fracassata, immobilizzata, che si dibatteva a quelle profondità, lontano dalla luce, fu raccapricciante. Il suo grido di terrore non cessava, con l'acqua alla criniera continuava, più rauco, la bocca tesa e spalancata. Si sentì un ultimo gorgoglio, il rumore sordo di una botte che si riempie. Poi seguì il silenzio».



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