martedì 9 ottobre 2012

Sentire, ascoltare /59


Le città sono simili a frattali: oggetti geometrici dotati di omotetia interna. Le forme si ripetono su scale diverse e i corpi si specchiano l'uno nell'altro in un gioco di auto similarità.

Gli elementi del frattale urbano sono le circoscrizioni, i quartieri, gli isolati, i palazzi, gli appartamenti e le stanze. Ciascun luogo simile all’altro, scoperchiati i tetti e osservata la città dall’alto, si scopre una geometria che ha qualcosa di ossessivo e che, però, è stata tracciata a partire da un modello architettonico desiderato, voluto, necessario.

Perché il frattale sia tale, poi, è necessario che tutte le sue parti -dalla stanza alla circoscrizione-contengano, simultaneamente, la nostra presenza; l’omotetia interna resiste se gli oggetti e le forme si ripetono ad ogni scala.

In quest’ottica, come se fossimo attori di una mimesi collettiva, tendiamo a cercare la nostra replica oltre i muri dei nostri appartamenti; tramite adiacenze parietali, attendiamo segni che certifichino la nostra presenza -identità e appartenenza- altrove, oltre il luogo in cui ci troviamo. 

Steso sul divano, nel silenzio di casa, attraverso la parete, sento un bambino suonare il flauto dolce; dall'altra, più lontana, filtra il gracchiare di una tv accesa; dal soffitto arriva l'eco di una lite; dal pavimento sale lo scroscio dell'acqua di un rubinetto.

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