lunedì 20 maggio 2013

Sentire, ascoltare /98

Era un giorno; di quelli in cui la malinconia è ragion di vivere. Lo stato d'animo di Rosabella era intonato a una vaga tristezza urbana, il ritmo del suo stare al mondo batteva lento e trascinato, i gesti rassegnavano mestizia. 

Indossò un soprabito e scese in strada, per camminare; attraversò le vie che per vent'anni scorsero lungo i suoi passi per condurla alla sede di quello che era stato il suo lavoro di segretaria. 

Si attardò sotto il portone del vecchio ufficio: osservò le persone entrare ed uscire, ricordò alcuni momenti di vita professionale e poi raggiunse un bar ad angolo dove era solita passare le sue pause pranzo. Il bar aveva cambiato gestione, la sede della multinazionale aveva chiuso, la strada aveva invertito senso di marcia. 

Rosabella chiese un caffè, allungò la dita verso la zuccheriera e incontrò la mano macchiata di un uomo che la guardava. Era il suo capo d'allora; l'aveva vista entrare senza che Rosabella ne avesse avvertito la presenza. Si diedero un bacio di saluto, come fossero vecchi amici, e si guardarono a lungo, parlandosi: i figli, la casa, nostalgie e cambiamenti. 

Poco più tardi, dopo essersi accomiatati, ciascuno pensò che la propria malinconia fosse un'inezia rispetto a quella altrui; a tutto il resto meditarono nei giorni successivi.

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