lunedì 13 maggio 2013

Sentire, ascoltare /96

Quel giorno di strane apparizioni l'ombra di un verde filodendro ondeggiava sulle lenzuola stese al poggiolo di una stanza d'albergo, al primo piano; eppure nel vaso, vicino al tappeto rosso d'ingresso, al Minerva -due stelle e dieci camere-, la pianta non c'era. 

Una pozzanghera tonda, lungo il marciapiede di via Pepe -strada privata dell'hotel-, era puntellata da gocce d'acqua che non cadevano dal cielo. 

Il figlio dell'albergatore, oltre la porta girevole, prendeva le valigie di un cliente inglese che non era mai stato lì e le poggiava su un carrello in acciaio ottonato, col pianale in moquette rossa.

Il campanello alla reception trillava senza che nessuno fosse nella hall per domandare o per rispondere; e a quel suono si alternava lo sferragliare di un tram che scivolava in una strada vicina; ma non c'erano rotaie in quella città. 

Molte altre cose accadevano senza che la realtà potesse accettarne il fatto. E quel tale signore coi capelli arruffati, steso accanto ad una saracinesca di via Pepe su un tappeto di stracci, zerbini e cartoni, gli occhi lucidi e le mani nere, se ne rallegrò: pensò che le disavventure degli ultimi tempi -il divorzio da Cecilia, lo sfratto, e il licenziamento- fossero accadimenti di fantasia, strane apparizioni, questioni di immaginazione.

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