domenica 20 gennaio 2013

Sentire, ascoltare /84

Ha trovato la soluzione a un piccolo rompicapo: lambicca il cervello, sfrega i polpastrelli e schiude la bocca a stupore; una linguetta ricciuta sbuca sull'orlo scuro della cavità orale per inumidire leggermente l'angolo destro del labbro superiore. 

Come la sua, altre lingue, nello sforzo felice di risolvere un quesito, fanno capolino su volti increspati da marosi della mente. Altri modi, altri gesti: la mano che cerca pace e saggezza tra i peli della barba, il dito che stura l'orifizio dell'orecchio per filtrare guantate insinuazioni, l'occhio che strizza e la boccuccia che si arriccia in avanti per approvare con gusto; il labbro inferiore che si allarga per mostrare denti terrorizzati da parole masticate dall'interlocutore, e il naso, il sopracciglio, la guancia, i mustacchi. 

L'iconografia del volto umano pare sia nata, d'azzardo, una volta remota; ora, i tempi di reazione alle cose che accadono si incanalano in gesti e modi codificati, e sono il vezzo mimico che si spolvera con dileggio per dare immagine di sé agli altri, senza sorpresa, ma con garbata e piacente reiterazione.

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