Nel proprio appartamento di via Plinio Leon consulta la mappa online del quartiere in cui vive: i tondi gialli delle rotonde, i rettangoli verdi dei giardini, i segmenti grigi di viali, vie e viuzze. Un balloon rosso indica l'esatto punto in cui la finestra di Leon affaccia, al civico nove.
La piatta geometria cartografica -crede Leon- ha il fascino dell'astrazione o della sua allusione: bidimensionale, priva di ambiguità, senza sentimento, per nulla emotiva, pressapoco neutra.
Eppure quel balloon rosso è come se chiedesse a Leon di abbandonare l'astrazione, di avvicinare luogo a luogo, di esclamare la propria esistenza -parole, onomatopee, presenze.
La mano di Leon sul puntatore, un clic sull'icona satellitare del servizio offerto da Google e la città appare -forse sembra o inganna. Gli edifici affastellati, le tonalità che sfumano tra incroci e chiome di alberi, la profondità degli oggetti contigui danno sentimento alla videata.
Leon si compiace, riconosce dall'alto il proprio appartamento e si addentra nella mappa: impugna l'omino giallo sull'attenti, simile a un soldatino di resina, avatar dell'utente, e lo posiziona esattamente al civico nove di via Plinio.
Più reale del reale, la foto scattata dalla Google Car ritrae la casa di Leon: la finestra della cucina spalancata, e al suo interno il tavolo, la lampada, uno spicchio di quadro e Leon stesso, intento a consultare il pc.
Solo la luce è un poco meno accesa; ma basta un clic e la luminosità dello schermo si adagia a quella naturale.
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Borges - La mappa dell'impero |