giovedì 27 ottobre 2016

Una storia striminzita

Ieri era uno di quei giorni in cui solo il cinema pomeridiano avrebbe potuto salvarci da una dilagante apatia. Così abbiamo pensato che il Milano Film Festival potesse fare al caso nostro.

Quando non gira non sono granché: parlo poco, scanso, mi faccio da parte, quasi scompaio; uscire di casa è già una piccola rivoluzione. Il cinema è il luogo giusto per riabituarsi alle parole, alla gente; e in questa stagione che stringe le giornate, entrare in una sala cinematografica il tardo pomeriggio col sole che picchia significa uscirne che è quasi sera, con quella luce quieta che pare di aver passato tutte le peggiori tempeste di una vita nello spazio di un film.

Abbiamo preso il treno per Milano a Monza Sobborghi, d'un soffio, Silvia mi ha pure redarguito perché non correvo abbastanza, ma a me davvero sembrava di correre forte. Da Centrale poi solito tran tran: due passi verso via Settembrini, che mi pareva non finissero più - e Silvia a dirmi di far veloce -, e poi l'Uno, per farci infine un pezzo a piedi che comunque eravamo in anticipo.

Sul tram mi reggo a una maniglia del corrimano e Silvia si tiene al mio braccio. “Come sei piccolo!”. “Ma veramente quella piccola sei tu”. “Sì certo, di solito; ma oggi sei proprio piccolo”. “Sarà che ho tagliato i capelli e ho sistemato la barba”. “No Giancarlo, dico davvero, guardati nel riflesso, sei più piccolo”. Mi sono cercato nel finestrino, ma la schiena di un omone e il generoso petto di un'anziana signora ostacolavano il mio intento. In punta di piedi arrivavo appena all'ombelico di quell'energumeno e allora ho provato a specchiarmi sul lato opposto torcendo tutto il busto, ma c'era un bambino di su e giù cinque anni, un mocciosetto biondo che si dimenava con una cartella enorme in spalla, e non riuscivo proprio a sormontarne la nuca. Silvia badava a me come si fa con le cose preziose che rischiano di rompersi da un momento all'altro: mi ha preso per la manina prima che un orribile chihuahua mi mangiasse in un sol boccone.

Quando il tram è arrivato a Cordusio Silvia mi ha messo nel taschino della sua camicetta e siamo scesi. Si stava di un bene lì dentro, le parlavo ma non sentiva la voce, avevo una frequenza troppo bassa. Poi all'ingresso del cinema mi sono rannicchiato per benino, così alla cassa non mi hanno nemmeno visto e abbiamo pagato un solo biglietto per due.

Bel film, il mio umore è cresciuto, e Silvia dice che sono addirittura più alto di prima.

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