mercoledì 8 luglio 2020

Auto da fé

L'ultimo libro che ho letto è «Auto da fé» di Elias Canetti.
Il suo unico romanzo. Pubblicato nel 1935, scoperto negli anni Sessanta, amato a partire dal decennio successivo, riscoperto alla morte dell'autore (1994).
[Ha la potenza di un classico e assieme a «Massa e potere», saggio in parte complementare ad «Auto da fé», scritto nell'arco di una vita intera, è valso all'autore il premio nobel per la letteratura].
Parte prima: una testa senza mondo.
Parte seconda: un mondo senza testa.
Parte terza: il mondo nella testa.
(Non c'è una quarta parte che si intitoli: una testa nel mondo. Non è ammessa).
Il romanzo narra la storia di un certo Peter Kien: quarantenne, sinologo di fama mondiale, spigoloso e intransigente, tutto dedito ai suoi studi, asserragliato nella biblioteca di casa, cinto da mura di libri con cui non disdegna conversare. 
Fino a quando, in un modo che muove il riso pur senza rallegrare, il protagonista (una testa senza mondo) è costretto a uscire di casa (un mondo senza testa) e a fare i conti con se stesso (il mondo nella testa).
Ne succedono di belle, di tragiche, di feroci e si profila una vita deserta dall'amore, nata da un amore profondo che quel deserto voleva denunciare (semicito Claudio Magris). 
Il mondo descritto è ancora il nostro e vale la pena metterci la testa. 
«Da quando era stato cacciato di casa Kien era sovraccarico di lavoro. Per tutta la giornata percorreva la città con passo tranquillo e tenace. Ai primi albori era già ritto sulle lunghe gambe. A mezzogiorno non si concedeva né cibo né riposo. Per economizzare le proprie forze aveva suddiviso il campo della sua attività in settori ai quali s'atteneva scrupolosamente. Nella borsa portava un'enorme pianta della città, scala 1:5000, sulla quale le librerie erano indicate con gradevoli cerchietti rossi».



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