sabato 30 maggio 2020

Filologia dell'anfibio

L'ultimo libro che ho letto è «Filologia dell'anfibio» di Michele Mari.

Un estratto (credo la pagina più bella mai scritta sul calcio ovvero la felicità di un bambino che tutti sanno).

«[...] Le partite nascevano verso sera, dopo la libera uscita, come nascono tutte le partite in tutti i giardinetti del mondo: deserto il campo, si profila un individuo isolato che palleggia con un pallone: cincischia, si avvolge su sé stesso con cadenze felpate, sparacchia qualche bordata contro un muro: poi appare un altro individuo e tacitamente (oh la conosco bene, codesta prossemica) si dispone a una dozzina-quindicina di metri dal primo, che senza aver ricevuto invito o segnale, senza domandarsi se l'altro non sia lì per caso o per motivi tutti suoi, gli indirizza il pallone: quello - colmo il cuore di gratitudine - ci palleggia due o tre volte da solo ad assaporarne la sfericità poi, temendo di sembrare irriconoscente, lo restituisce: e si palleggia così, gratuitamente, per dieci minuti, fino all'arrivo di un terzo e di un quarto: in quattro è già possibile quel che in tre è appena virtuale, cioè crear geometrie e rispondenze armoniose: e il numero cresce, cresce così, di una o due unità per volta, [...]»

«Filologia dell'anfibio» è un diario militare in cui l'autore ripercorre l'anno di leva: racconto autobiografico, classificatorio, d'inventario, corredato da disegni dell'autore.

Non è il libro di Michele Mari che preferisco.

Ho amato i suoi «La stiva e l'abisso» (romanzo marinaresco), «Io venía pien d'angoscia a rimirarti» (su luna, Leopardi e altro) e «Roderick Duddle» (romanzo d'avventura).

Ma quella pagina lì, sulla prossemica del calcio, vale tutto.



Orlando furioso

Quel ch'io vi debbo, posso di parole 
pagare in parte e d'opera d'inchiostro; 
né che poco io vi dia da imputar sono, 
che quanto io posso dar, tutto vi dono.

Ludovico Ariosto, «Orlando Furioso»



Diceria dell'untore

L'ultimo libro che ho letto è «Diceria dell'untore» di Gesualdo Bufalino.

È il suo romanzo d'esordio, a 61 anni (e già questo è un segno di speranza per ogni progetto di vita).
[Lui è siciliano, come un altro che ha iniziato a pubblicare molto tardi, Andrea Camilleri, e un altro ancora, Leonardo Sciascia, che ha preso il Bufalino per le corna e lo ha condotto nel pantheon della letteratura.
(I tre sono nati tra il '20 e il '25 a non più di 100 chilometri l'uno dall'altro. Ecco, quanta meraviglia e diversità in un solo lembo di tempo e di spazio)].

Il libro (non una recensione, ma due punti di fuga).

La vicenda racconta un amore di sanatorio, nel dopoguerra, e tutta una sciarada di sentimenti che, a poco a poco, va risolvendosi.
La dedica iniziale è bellissima: «A chi lo sa». Sarà per qualcuno che lo sa o non sa proprio a chi dedicarlo?
La Rocca in cui si svolge l'azione, invece, ricorda la Fortezza Bastiani a cui viene assegnato il sottotenente Giovanni Drogo ne «Il deserto dei tartari» di Dino Buzzati. Mentre c'è tutto un romanzo non scritto, e che però ogni pagina evoca, che m'ha riportato a "Uomini e no" di Elio Vittorini - forse anche per via del personaggio femminile, Marta Levi.

Un estratto. Parla Marta.
«[...] voglio giocare in tua compagnia un solitario mio di città, non è un solitario da tavolo, si fa camminando. L'ho inventato nei primi mesi ch'ero in città e non avevo nessuno, né amici né amiche. Uscivo di casa, la domenica, entravo nella folla, mi fissavo su una persona, solo che mi piacessero le sue spalle, la stanchezza del passo. Meglio se era un povero, un vecchio. Lo pedinavo senza parere, accrescendo ogni momento di un poco la mia scienza di lui [...]».



L'ultimo libro che ho letto


Mi piace leggere. Molto.
Mi piace riporre un libro letto nello scaffale.
In particolare: trovare la sua giusta collocazione - non ordino i libri per casa editrice, per anno, per lettera, per colore. Il mio criterio è l'affinità.
Amo leggere soprattutto classici. Perché è raro che mi penta della lettura.
Leggo anche libri a me contemporanei. Perché il mondo mio è questo.
Mi piace quando un libro me ne suggerisce un altro, in modo più o meno esplicito.
Quando trovo un filone letterario che proprio non immaginavo ci fosse.
Mi piace, di un autore che amo, non leggere tutto tutto. Perché le cose belle vorrei che non finissero mai.
Apprezzo le note a piè di pagina, e non a fine libro. Perché due segnalibri sono troppi.
Mi piace leggere perché mi fa venire voglia di scrivere, e quando scrivo faccio i conti con me stesso; mi pare di mettere in ordine i pensieri.
Mi piace leggere, dunque; e così ho deciso di segnalare qui i libri che leggo. Dite che lo fanno già in molti? Vero, ma dove si legge in due, si legge anche in tre.
E magari, poi, mi suggerite i libri che piacciono a voi.

Domani posto l'ultimo libro letto, il primo di questo spazio.

Ah! L'illustrazione è di Silvia Marinelli.